Le multiutility chiedono meno burocrazia per investire in sostenibilità


I piani dell’Europa per il rilancio dell’economia indicano anche in quale direzione debba andare questo rilancio. La sostenibilità ambientale e sociale dei progetti dei governi sarà decisiva per ottenere le risorse del fondo per la ripresa promesse a ogni Stato. Occorre però essere capaci di investire il denaro che arriverà da Bruxelles.

L’Italia ha molte questioni da risolvere, come mostra uno studio che The European House- Ambrosetti ha condotto insieme alla multiutility A2A e che è stato presentato ieri al Forum di Cernobbio. Lo studio è centrato sul ruolo che le multiutility possono avere per il rilancio sostenibile dell’Italia. Le ex municipalizzate lavorano su attività – come l’energia e la gestione dell’acqua e dei rifiuti – che sono direttamente legate a 9 dei 17 Obiettivi di Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Sono aziende che possono “catalizzare” gli investimenti per il rilancio ecologico, ma occorre creare le condizioni per poterlo fare.

Oggi quelle condizioni non ci sono. Per costruire un impianto fotovoltaico di grandi dimensioni è necessario chiedere l’autorizzazione unica, che può arrivare anche dopo otto anni di confronto burocratico tra enti pubblici, compreso spesso il ministero dei Beni culturali. Per realizzare una rete di gestione dei rifiuti capace di recuperare e riciclare tutto il possibile, valorizzare gli scarti producendo energia e smaltire il resto in discarica occorre creare nuovi impianti. Bisogna farlo presto: secondo le stime dello studio in 13 Regioni su 20 la capacità delle discariche sarà esaurita già entro la fine del 2020. I progetti per realizzare quegli impianti sono impantanati in contestazioni di vario tipo, che vanno dall’opposizione di comitati popolari a ricorsi al Tar e Consiglio di Stato. Al momento in Italia lo studio segnala contestazioni in corso per 35 centrali a biomasse, 26 termovalorizzatori, 27 discariche per rifiuti urbani e 20 discariche rifiuti speciali.

Anche per la rete idrica, altro ambito di attività delle multiutility, servono investimenti. Nel percorso lungo la rete si perde il 47,9% dell’acqua mentre il 15% della popolazione non è ancora coperto da impianti di depurazione delle acque reflue (e su questo sono in corso quattro procedimenti di infrazione a Bruxelles). Servirebbero investimenti, ma le tariffe attuali (1,87 euro per metro cubo d’acqua, tra le più basse d’Europa) non li consentono.

Il senso dello studio è chiaro: le aziende chiedono di cambiare le regole per permettere di investire i fondi europei per la sostenibilità. «Ci sarà una grande mobilitazione di risorse. per sfruttare a pieno questo potenziale è quanto mai necessario prevedere un framework regolatorio e operativo chiaro che consenta alle multiutility di investire efficacemente nelle direzioni indicate da ‘Next Generation Eu’ e in coerenza con gli obiettivi del Paese» ha commentato Marco Patuano, presidente di A2A. «L’obiettivo di questo studio è proprio quello di individuare le aree di miglioramento, per potere proporre e realizzare progetti concreti» ha aggiunto l’Ad di A2A, Renato Mazzoncini, anticipando che il prossimo piano industriale dell’azienda sarà un piano decennale con «importanti investimenti in infrastrutture strategiche per la crescita del Paese». «Il nuovo quadro di riferimento europeo rappresenta una grande opportunità per colmare e rilanciare lo sviluppo sostenibile dei territori italiani» ha confermato Valerio De Molli, managing partner e Ceo di The European house – Ambrosetti.

pubblicato su Avvenire il 5 settembre 2020


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