Il coronavirus rischia di mandare in bancarotta le compagnie aeree


Gli allarmi più disperati per la crisi economica mondiale scatenata dal coronavirus sono arrivati dalle compagnie aeree. È comprensibile: in quasi tutto il mondo “ricco” le persone sono costrette a rimanere a casa, gli aeroporti si chiudono, gli aerei restano a terra e le compagnie si trovano a sostenere enormi costi fissi senza avere gli incassi dei biglietti. S&P prevede un calo di passeggeri del 20–30% quest’anno e un recupero dei ricavi non prima del 2022–2023.

Per un settore a intenso uso di capitale come il trasporto aereo questa crisi può essere letale. Nelle prossime settimane decine di Paesi rischiano di trovarsi a gestire una loro “Alitalia”. L’Italia, da questo punto di vista, può tristemente vantare la sua lunga tradizione nella gestione di un vettore in perdita: si cerca di contenere il passivo e si usano soldi pubblici per evitarne la chiusura. Cosa che questo governo ha appena fatto stanziando i 500 milioni di euro destinati alla nazionalizzazione di Alitalia per il 2020 con il decreto Cura Italia. Stavolta, però, non saremo gli unici.

La Iata, l’associazione mondiale del settore, ha calcolato il 5 marzo che nel caso peggiore i ricavi del trasporto aereo potrebbero crollare di 113 miliardi di euro. Quel calcolo però non teneva conto degli effetti sul trasporto merci e nemmeno della stretta sui voli transatlantici e della chiusura dell’area Schengen arrivate pochi giorni dopo. Adesso la perdita prevista potrebbe essere più che raddoppiata. La tipica compagnia aerea, ricorda la Iata, all’inizio dell’anno ha cassa per provvedere alle spese di due mesi di voli e conta sugli incassi dei biglietti per finanziare l’attività del resto dell’anno. Al momento, secondo i calcoli dell’associazione, la liquidità nelle casse delle aziende è sufficiente in media per meno di tre mesi di voli.

In Europa ci sono casi positivi, come quelli di Wizz Air e Ryanair, dove la cassa è superiore al 40% del fatturato 2019, ma in genere i giorni di attività sostenibili con i soldi a disposizione in questo momento sono pochi: 132 per Iag, il gruppo che controlla British Airways, Iberia e Aer Lingus; 81 per Air France Klm; 51 per Lufthansa, a cui martedì Moody’s ha tagliato il rating a livello Ba1, cioè “spazzatura”. Senza troppi giri di parole Capa, società di consulenza di riferimento del settore aereo, lunedì ha scritto che «per la fine di maggio, la maggior parte delle compagnie aeree del mondo sarà in bancarotta».

Tutte le compagnie in questi giorni si sono organizzate per ridurre il più possibile le rotte, così da evitare di fare volare aerei mezzi vuoti. Sono già stati annunciati migliaia di tagli di posti di lavoro. E sono partite le richieste di aiuto ai governi. Hanno lanciato il primo Sos congiunto le tre alleanze principali, oneworld, SkyTeam e Star Alliance, chiedendo anche la collaborazione delle società aeroportuali, perché eliminino temporaneamente le tasse, e degli enti di regolazione, perché non applichino le regole sull’uso degli slot.

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