Chi può resistere a due mesi senza redditi


Chi può permettersi di restare due mesi senza guadagnare nulla, usando solo i propri risparmi per coprire le spese essenziali? Sarebbe una domanda solo teorica, se nei due mesi abbondanti in cui l’Italia è rimasta chiusa l’azzeramento delle entrate – nell’attesa dei bonus dell’Inps o della cassa integrazione – non fosse stata la realtà per diversi milioni di italiani.

Catarina Midões, analista del centro studi europeo Bruegel, ha tentato di rispondere lavorando sui dati su finanza e consumi delle famiglie raccolti dalla Banca centrale europea. Il risultato è che 99 milioni dei 342 milioni di cittadini europei dei 21 Paesi inclusi nell’indagine della Bce non hanno sul conto in banca abbastanza soldi per due mesi di spese basilari: comprare da mangiare, pagare le bollette, saldare l’affitto o le rate del mutuo.

Certo, l’azzeramento delle entrate è un caso estremo. Se nel conto del reddito si includono anche le pensioni e gli altri sussidi pubblici che già esistevano in Europa prima della pandemia e si tiene fuori solo il reddito da lavoro, le persone che non reggerebbero a due mesi senza entrate scendono da 99 a 57 milioni. Di queste, 41 milioni non sono in condizioni da provvedere alle spese essenziali in assenza di anche solo un mese di reddito abituale da lavoro.

Si capisce già così come in questo momento l’aiuto statale straordinario – con forme come la cassa integrazione allargata (quando funziona), il reddito di emergenza o i bonus per gli autonomi – è uno strumento essenziale. Se le politiche del governo fanno in modo da fare arrivare alle persone il 50% del loro reddito abituale, calcola lo studio, il numero di chi non riesce a provvedere alle spese essenziali di due mesi precipita da 57 a 11,3 milioni di persone. Una diminuzione drastica.

In questo quadro generale ci sono differenze significative tra i Paesi. In Ungheria la percentuale di cittadini incapaci di reggere a due mesi di entrate dimezzate è il 18%, in Finlandia è quasi a zero. In Italia il dato è appena superiore alla media, con il 2,1% della popolazione che non può provvedere alle spese essenziali per due mesi se il reddito abituale si dimezza. Il nostro Paese, nota l’economista di Bruegel, è anche quello che secondo questi criteri ha, in valore assoluto, la maggiore quantità di persone che andrebbero in crisi: 1,2 milioni di cittadini, contro il mezzo milione di Francia e Germania.

Tra le persone più in difficoltà ci sono gli immigrati nati in Paesi extra-europei, il cui rischio di non essere più in grado di coprire le spese essenziali è in media superiore del 50% rispetto a quello dei cittadini nati nel Paese in cui risiedono. In Italia l’aumento della vulnerabilità degli immigrati rispetto ai nati in Italia è del 70%.

continua a leggere sul sito di Avvenire


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *