Da ministro delle Finanze tedesco negli anni più difficili della crisi dell’euro, Wolfgang Schäuble si è guadagnato molta impopolarità in Italia e nel resto del Sud Europa. Dall’ottobre del 2017, Schäuble è presidente del Bundestag. Nell’intervista pubblicata domenica 26 aprile sul Tagesspiegel si dimostra un politico vero, capace di offrire una lettura del rapporto tra politica e tecnica in questa crisi sanitaria che fa emergere con ancora più evidenza la povertà di analisi e di idee della attuale classe politica italiana, che si limita a trasmettere con toni paternalistici alla popolazione le decisioni del “comitato tecnico-scientifico”.
Una catastrofe naturale come questo virus consente una valutazione politica classica? Non sono tutti “al buio”?
I virologi non sanno abbastanza su come si comporta il virus. Come si diffonde, se le persone sono immuni dopo l’infezione, ci sono ancora molte domande aperte. Non sappiamo tutti quali siano gli effetti delle nostre azioni, ma i politici devono agire comunque. Gli scienziati dicono anche: i politici devono decidere, possiamo solo dare consigli tecnici. E non c’è mai una decisione assolutamente giusta. C’è solo una discussione ragionevole su tutti gli aspetti, comprese le conoscenze scientifiche, e quindi deve essere presa una decisione.
In base a quali criteri?
In base a quello che percepisci. È meglio fare attenzione, perché tornare indietro sarebbe terribile. Ma quando sento che tutto il resto deve essere messo in secondo piano per la protezione della vita, allora devo dire: questo in assoluto non è corretto. I diritti fondamentali sono reciprocamente restrittivi. Se c’è un valore assoluto nella nostra Costituzione, quello è la dignità umana. È intoccabile. Ma non esclude che dobbiamo morire.
Dobbiamo accettare che le persone muoiano per il coronavirus?
Lo stato deve assicurare a ognuno la migliore assistenza sanitaria possibile. Ma le persone continueranno comunque a morire per il coronavirus. Con tutti gli acciacchi che già ho e considerata la mia età io sono nel gruppo di quelli ad alto rischio. Ma la mia paura è limitata. Moriamo tutti. E penso che persone più giovani rischino più di me. La fine naturale della mia vita è un po’ più vicina.
Quindi occorre decidere, anche a rischio di prendere la decisione sbagliata?
Apprezzo in particolare le spiegazioni di chi, come Jens Spahn, la settimana scorsa ha detto: abbiamo molto da imparare l’uno dall’altro, e forse fra qualche settimana scopriremo che avremmo fatto meglio a fare qualcosa di diverso. Ma se per mesi continuassimo a dare consigli senza fare nulla, sarebbe peggio. Se tu lo spieghi chiaramente e comunichi questo processo con più chiarezza, allora avremo una chance che i cittadini stessi accettino queste decisioni per un periodo più lungo.
(la traduzione ha tutti i limiti di un pesante impiego di Google Translate)