Non possono essere i passeggeri mancati a salvare le compagnie aeree


La norma più detestata del momento è l’articolo 88-bis della legge 27 del 24 aprile 2020. È lì che sta scritto che se una compagnia aerea cancella un volo a causa dell’emergenza Covid-19 può limitarsi a rimborsare i passeggeri con un voucher, un buono per comprare nuovi voli nel giro di un anno.

Era una norma sbagliata fin dall’inizio, perché contrasta con il Regolamento europeo che tutela i passeggeri: la legge comunitaria prevede che se un volo viene cancellato chi ha comprato il biglietto ha diritto di essere “riprotetto”, cioè ottenere un volo alternativo, oppure avere indietro i suoi soldi. Non un voucher, ma i soldi. Difatti l’Italia, che come altri undici Stati europei aveva tentato di permettere ai vettori di cavarsela con l’emissione di un buono, si è vista aprire una procedura di infrazione da parte della Commissione europea.

Adesso il Parlamento dovrà correggere quell’articolo. L’idea del governo è dare allo sfortunato passeggero la possibilità di riavere i soldi, ma fra un anno: chi non userà il voucher nei 12 mesi successivi alla sua emissione potrà infatti chiedere il rimborso in denaro. Forse è cinico sottolinearlo, ma oggi non possiamo sapere quante delle compagnie aeree che oggi stanno distribuendo voucher esisteranno ancora nel giugno del 2021. È a rischio il futuro di giganti come Lufthansa, figuriamoci quello di più instabili low cost. Per non parlare di Alitalia, che mentre aspetta i 3 miliardi di euro promessi dallo Stato per un ulteriore “rilancio”, a fine maggio aveva in cassa solamente 232 milioni. Se fra un anno la compagnia dovesse fallire, tutti i suoi voucher varranno semplicemente zero.

Perciò, più che a “buoni”, questi titoli assomigliano molto a obbligazioni ad alto rischio. Non abbiamo dati sulla situazione italiana, ma su quella mondiale sì: la Iata, l’associazione del trasporto aereo, a fine marzo calcolava che l’incasso dei biglietti per voli cancellati a causa del Covid-19 ammontava a 35 miliardi di dollari. È lecito chiedersi a che livello siamo arrivati adesso, aggiungendo al totale i biglietti venduti ad aprile, maggio e giugno.

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