Gli interventi del governo a sostegno dell’economia italiana, per ora, hanno del tutto ignorato la realtà delle startup. Una dimenticanza per certi aspetti paradossale, se si pensa che molti dei servizi che in queste settimane di confinamento hanno permesso di andare avanti con il lavoro, l’insegnamento scolastico e la vita famigliare sono offerti da aziende ancora in fase di startup, spesso anche italiane. Anche Bending Spoon, l’azienda scelta per sviluppare l’app Immuni, è una startup italiana. Ora però queste realtà hanno bisogno di aiuto. «In assenza di interventi urgenti, riteniamo che l’intero settore sia a rischio di estinzione, e con essi miliardi di investimenti in ricerca già sostenuti, brevetti in settori chiave e 120mila posti di lavoro altamente qualificati tra diretti e indiretti» ha avvertito in audizione alla Camera lunedì scorso Fausto Boni, presidente di Vc Hub, associazione fondata l’anno scorso che rappresenta venti gestori di fondi di venture capital con oltre un miliardo di euro in gestione e sessanta startup italiane a loro legate.
Davvero il sistema delle startup italiane rischia l’estinzione?
Stiamo soffrendo molto, perché chiaramente abbiamo un tessuto di aziende partecipate che sono in avviamento e quindi sono ancora fragili. La situazione non è la stessa per tutte, ci sono eccezioni in positivo, alcune startup hanno anche visto salire i ricavi in questa fase di crisi. Ma il fatto che ci sia una prospettiva positiva nel medio–lungo termine non elimina i problemi di cassa di breve termine, che dipendono dalla disponibilità di risorse da parte degli investitori. Le startup sono aziende giovani, non hanno riserve di cassa cumulate in periodi positivi, devono sempre essere rifinanziate. In questo momento la paura prevale rispetto alla fiducia.