La Bce rafforza gli stimoli, ma non troppo


Secondo i calcoli della Banca centrale europea quest’anno il Pil della zona euro crollerà come non era mai successo prima: la caduta prevista è tra il 5 e il 12%. Tra il -5% e il -12% c’è una bella differenza: dipende da quanto dureranno le misure di contenimento e dall’efficacia delle soluzioni che i governi troveranno per sostenere l’economia. La Bce sta facendo la sua parte con il piano anti-crisi introdotto a marzo e con le diverse misure di allentamento del credito introdotte nelle ultime settimane. Chi si aspettava nuovi interventi sostanziosi dalla riunione (a distanza) del consiglio direttivo è rimasto deluso. La Bce si è limitata a rafforzare gli stimoli monetari con due novità: un alleggerimento delle condizioni delle operazioni di rifinanziamento con cui le banche possono raccogliere fondi per aumentare il credito alle imprese (le aste Tltro); una nuova serie di operazioni di rifinanziamento, sempre dirette alle banche, così da garantire che la liquidità resti abbondante (queste nuove operazioni sono state chiamate Peltro, sigla che sta per Pandemic emergency longer-term refinancing operations, cioè operazioni di rifinanziamento a lungo termine per l’emergenza pandemica).

L’arma più forte anti-crisi resta quella schierata a metà marzo: il Pepp, il programma di acquisto di titoli pubblici e privati per 750 miliardi di euro nel 2020, che potrebbe andare avanti anche oltre dicembre, se necessario. È in base a questo piano che la Banca d’Italia, per conto dell’Eurosistema, e la Bce in queste settimane stanno acquistando diversi miliardi di titoli di Stato italiani per tenere sotto controllo lo spread. Il presidente Christine Lagarde in conferenza stampa rispondendo a una domanda sull’Italia ha chiarito: «Non tollereremo alcun rischio di frammentazione» della zona euro. Un significativo (e ulteriore) passo avanti rispetto all’infelice «non siamo qui per chiudere gli spread» della conferenza stampa dello scorso 12 marzo.

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